Impresa Dott. Geol. LUCA BARLETTI

esplosivistica civile e mineraria, geologia

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Geologia ed esplosivistica unite al servizio dell’uomo e della natura.

 

speciale: La demolizione dei diaframmi provvisionali della pila n° 29 a Lastra a Signa

(scarica il filmato mpg del brillamento delle mine di Lastra a Signa, circa 755 KB)

ATTENZIONE: per il rispetto della privacy del personale CIR si è ritenuto doveroso sfumare il viso delle persone nelle foto riportate in questa pagina (salvo espressa indicazione contraria).

 

Chirurgia nella demolizione ?

Elevatissimo livello di Sicurezza e Salute sul lavoro?

Pieno rispetto ambientale ?

Economia generale del lavoro ?

Ebbene l'esplosivo è ciò di cui avete bisogno!

 

In questa pagina l'Impresa Dott. Geol. Luca Barletti vi dimostrerà come l'esplosivo possa operare come un vero e proprio chirurgo, in situazioni in cui i mezzi "classici" per le demolizioni o non possono proprio lavorare o non forniscono le stesse garanzie di riuscita e qualità dell'intervento, unitamente ad una generale economia (spesso veramente vantaggiosa) del lavoro.

 

Il caso che vi viene presentato è una demolizione speciale di diaframmi in calcestruzzo armato dello spessore di 1.2 metri, costruiti per consentire lo scavo e getto della pila n° 29 (e relativo plinto di fondazione) per il ponte in attraversamento dell'Arno per il quadruplicamento della ferrovia Firenze - Empoli (tratto Signa - Montelupo), in questo tratto appaltata alla CIR Costruzioni S.r.l., nostri committenti.

Il difficile e la grande particolarità del lavoro non era tanto la demolizione dei diaframmi, ma il fatto che questi si trovavano a meno di 3,5 m dalla pila 29 (e relativo plinto) che, ovviamente, non doveva subire il minimo danno inferto dalle vibrazioni delle mine!!

 

 

1) Studio e progetto generale dell'opera

Il progetto per la posa della pila n° 29 (progetto Italferr) si è sviluppato su cinque fasi principali, di seguito sommariamente ricordate:

1) Realizzazione di una penisola di lavoro (Vd. foto)

– infissione di una palancolate metallica da terra per delimitare la penisola

– riempimento con materiale argilloso – limoso fino alla quota livello acqua

– esecuzione degli ancoraggi e posa in opera dei tiranti

 

2) Realizzazione diaframmi

– esecuzione di una cintura di diaframmi compenetrati ed intestati nel substrato. Detta cintura aveva lo scopo di delimitare l’area interna coincidente con l’ingombro planimetrico del pozzo di fondazione. Da questa fase è iniziata la cooperazione con l’Impresa Dott. Geol. Luca Barletti, facendo inserire nei diaframmi dei tubi in PVC per la successiva posa delle cariche di esplosivo (Vd. avanti) .

– realizzazione di una colonna di jet-grouting in corrispondenza delle giunzioni dei diaframmi esterni

– realizzazione del cordolo di collegamento in testata dei diaframmi esterni

 

3) Scavo e getto del plinto, realizzazione della pila e pulvino

– esecuzione degli scavi nell’area interna ai diaframmi provvisionali

– preparazione del piano di posa del plinto con getto dello strato di magrone

– posa in opera delle armature e getto del plinto di fondazione, previa separazione della cintura esterna dei diaframmi con fogli di polistirolo spessore almeno 5 cm richiesti dall’Impresa Barletti per assorbire le vibrazioni delle mine.

– posa in opera delle armature e getto della pila, posa in opera delle armature e getto del pulvino

 

4) Demolizione dei diaframmi esterni (Vd. pagina 2)

 

5) Sistemazioni spondali

È ovviamente necessario rendere la morfologia spondale il più simile possibile a quella iniziale, in questo modo viene fortemente ridotto l’impatto ambientale dell’opera anche con notevoli vantaggi nei confronti della sicurezza. Di fatto un’errata sistemazione spondale, come una mancata demolizione dei “nostri” diaframmi, si poteva tradurre in una potenziale “trappola” per le alluvioni dell’Arno, andando a ridurre la sezione del fiume e creando la possibilità di generare pericolosissime dighe effimere, ad es. per intraversamento di alberi.

 

Vista della penisola di lavoro prima della posa dei diaframmi

 

2) Studio ed intervento esplosivistico dell'Impresa Dott. Geol. Luca Barletti
Con lodevole spirito di prevenzione ed organizzazione della CIR Costruzioni S.r.l. la nostra Impresa è stata contattata ben prima della realizzazione materiale dei diaframmi, in modo da poter adottare sin dall'inizio tutti gli accorgimenti del caso che noi potevamo fornire ai Committenti.

Andavano soprattutto risolti tre punti molto importanti in questo lavoro:

a) la cintura di diaframmi si trovava a non più di 3.5 metri di distanza dalla pila e dal relativo plinto di fondazione, pertanto un errore nella progettazione della volata, una sola carica istantanea massima sballata, poteva comportare gravi danni a pila e plinto, compromettendone la successiva fruibilità per il sostegno del viadotto (considerando anche lo scarico rilasciato dal passaggio dei treni).

b) i diaframmi erano spessi 1.2 m e ottimamente armati, nonostante la necessità di ridurre al minimo possibile le vibrazioni, le mine dovevavo per quanto teoricamente possibile demolire al massimo grado questi pannelli in c.a.

c) eseguire correttamente i fori da mina, considerando che la loro profondità variava da pannello a pannello poiché si doveva, per quanto possibile, rispettare la vecchia sponda dell'Arno e quindi si pasava da fori di oltre 5 m (verso il centro dell'Arno) a fori di poco più di un metro

 

In pratica ci siamo ritrovati nella tipica situazione di dover salvare "capra e cavoli", ovvero frantumare per quanto possibile il calcestruzzo ma allo stesso tempo non apportare il minimo danno a pila e plinto. L'unica soluzione era pertanto quella di adottare una forte diluizione dell'esplosivo sia entro la cinta di diaframmi (quindi nello spazio) sia come "ordine di brillamento" (quindi nel tempo).

Da prove fatte dalla nostra Impresa sullo studio di vibrazioni indotte dalle mine, ed in base ad esperienze condotte anche dagli amici e collaboratori dell'Istituto Geofisico Toscano, era emerso come l'interposizione di polistirolo tra una sorgente sismica ed i trasduttori riducesse anche fortemente le vibrazioni registrate. Si consigliò pertanto di separare, in sede di posa dell'armatura del plinto, i diaframmi dal plinto tramite fogli di polistirolo spessi almeno 5 cm in modo da assorbire le vibrazioni indotte dalla mine. Sempre col solito fine si prevedeva di approfondire i fori da mina di 20 - 25 cm rispetto al necessario per inserirvi a fondo foro un tampone di polistirolo di circa 20 - 25 cm.

 

Per lo studio delle vibrazioni, ma più in generale per l'intero progetto della volata, si doveva tenere presente che la geometria del lavoro era particolarmente favorevole. La cinta di 1.2 m di spessore offriva alle mine due superfici libere, ossia due riflettori sismici, che corrispondevano alle superfici stesse dei pannelli costituenti la cinta; infatti all'interfaccia calcestruzzo / materiale di riempimento della penisola o calcestruzzo / polistirolo, era lecito attendersi un brusco rallentamento della velocità di vibrazione, passando da almeno 3000 m/s a meno (anche molto meno) di 1000 m/s, il che avrebbe comportato una forte riflessione delle vibrazioni all'interno della cinta dei diaframmi...tutto ciò si traduceva non solo in forti vantaggi per le vibrazioni indotte, in buona parte riflesse dentro la cinta di diaframmi, ma anche per il lavoro di frantumazione delle mine che risultava quantomeno esaltato. Per sfruttare appieno le proprietà riflettenti i fori si dovevano comunque trovare perfettamente al centro dei pannelli costituenti la cinta ed essere tra se perfettamente paralleli.

 

Anche il problema dei fori da mina veniva risolto "a priori" con l'inserimento nella gabbia dei pannelli costituenti la cinta di tubi n PVC della lunghezza e all'interdistanza previsti dal nostro progetto (Vd. foto). In questo modo venivano eliminati i costi e le difficoltà di forare i diaframmi...al limite, anche se i fori venivano tappati in testa, l'eventuale intrusione di acqua, sporcizia ecc. si siarebbe eliminata con getti di aria compressa (come poi è stato effettivamente fatto, (Vd. foto).

 

gabbia di un pannello con i tubi in PVC

 

Nel mentre procedeva il lavoro di costruzione della Pila n° 29, procedeva molto a rilento l'iter burocratico per le necessarie autorizzazioni di P.S.. Il lavoro ricadeva interamente entro il comune di Lastra a Signa, ma pur sempre a pochi metri di distanza dal confine (posto nella mezzeria dell'alveo dell'Arno) del Comune di Signa; per garantire al massimo grado la sicurezza la nostra Impresa decise di imporre un divieto severissimo, per il giorno dello sparo, di accesso e stazionamento in un'area di 150 m calcolata dal centro della pila andando così ad "intaccare" anche il territorio amministrato da Signa. Il Comune di Signa non appena avvertito si prodigò, dimostrando una notevole serietà e professionalità, per fornirci tutto l'appoggio di cui potevamo necessitare...Sfortunatamente invece da parte di Lastra a Signa ci siamo scontrati con una durissima mentalità "anti-esplosivi", in parte cagionata da una brutta esperienza che questo Comune aveva avuto nel passato con un lavoro di scavo di galleria; iniziò un vero e proprio travaglio che interessò numerosi Enti pubblici interpellati dal Comune di Lastra: Regione Toscana; Prefettura di Firenze; Provincia di Firenze; A.S.L.; A.R.P.A.T.; Vigili del Fuoco; Autorità di Bacino del Fiume Arno; Provveditorato alle Opere Pubbliche.

 

Se da una parte il lungo iter burocratico imposto dal Comune di Lastra fu snervante, dall'altro ha confermetao appieno la notevole qualità e professionalità del nostro progetto che è stato approvato dai vari Enti interpellati. Si otteneva pertanto la certifica "104" dal Comune di Lastra ed il conseguente nulla osta in Questura.

 

La lunga fase burocratica terminò poco dopo l'effettiva costruzione della pila, proprio in tempo per l'esecuzione dello sparo; tuttavia anche il Fiume Arno voleva "dire la sua". Le abbondanti e continue piogge di autunno e inverno 2003 avevano innalzato il livello del Fiume che aveva sommerso la penisola di lavoro. Non era assolutamente possibile operare lo sparo mine, in quanto era impossibile accedere all'area di lavoro e caricare i fori da mina.

La zona di lavoro sommersa dall'Arno (fasi terminali della piena)

Si attese pertanto che l'Arno sfogasse la piena per dare via alle definitive fasi finali della demolizione.

 

Nonostante che i tubi in PVC, futura sede delle cariche esplosive, fossero stati adeguatamente tappati, il perdurare della piena dell'Arno gli aveva riempiti di fango che, date le rigide temperature dell'inverno 2002 - 2003, ghiacciò completamente.

Fori da mina emergono dal fango congelato

Come preventivato si rese necessario "stasare" i fori con l'ausilio dell'area compressa.

Pulizia fori. La squadra della CIR "stasa" con l'aria compressa i fori da mina

Terminata la fase di pulizia dei fori, tramite un tubo flessibile graduato, tutti i fori vennero nuovamente misurati in modo da constatare se, nonostante la pulizia con l'aria compressa, qualche foro fosse rimasto danneggiato; si temeva inoltre che nelle fasi di getto dei pannelli qualche tubo si fosse rotto o parzialmente riempito di calcestruzzo. Alcuni fori risultarono più corti del previsto, ma la differenza dal progetto iniziale (considerato anche il fine che si perseguiva) salvo un paio di casi non era eccessiva, inoltre detti fori "anomali" non si trovavano mai concentrati su un unico pannello, ma ripartiti su tutta la cinta di diaframmi e pertanto in mezzo a fori "regolari" che ne compensavano gli effetti (anche questo è un vantaggio di avere fori relativamente ravvicinati).

 

Onde ridurre al massimo grado ogni possibile pericolo indotto dalle proiezioni della volata, perlatro confinate dalla geometria di lavoro alle sole traiettorie sub - verticali, si predisponeva la posa di reti e geotessuto, ricoperti di terra fine non pietrosa, su tutta la cintura di diaframmi.

Posa reti di protezione

Personale CIR posa reti di protezione

dalle reti sbucavano i vari fori da mina (nella foto il numero 1, posto verso centro Arno)

Il foro numero 1 che sbuca dalle reti di protezione

sopra le reti si pose un manto di geotessuto come ulteriore protezione ed il tutto (ovviamente fori eslcusi) fu riempito di fine terra non petrosa parzialmente battuta. Sempre per garantire al massimo grado la sicurezza, oltre a quanto detto, si predisponevano due "terrapieni" o "arginelli" attorno alla cinta, uno tra la pila ed i fori da mina e l'altro tra questi e l'esterno (Vd. foto), l'altezza di questi terrapieni (sempre in terra fine non petrosa) era di circa 1.60 m dal piano reti.

vista dell'area di lavoro terminate le fasi di posa reti, geotessuto e terrapieni di protezione

 

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